Porte tribali dell’India centrale
di Renzo Freschi, 1983

In una vasta regione dell’India centrale -gli Stati del Madhya Pradesh, Chhattisgarh, Jharkhand e Orissa- esistono numerose tribù discendenti dagli aborigeni che fin dai tempi delle invasioni Arye furono lentamente sospinte in aree impervie e isolate dove hanno continuato a sopravvivere secondo tradizioni proprie. Alcune usano tuttora l’arco e vivono di caccia, di pesca e dei prodotti che raccolgono nella foresta; altre praticano un’agricoltura primitiva, parlano lingue non scritte e tramandano oralmente miti e tradizioni differenziandosi così da quelli della più vasta maggioranza indù.

Verrier Elwin, il più importante etnologo che dedicò la vita allo studio e alla difesa degli adivasi (come sono chiamati in India i popoli tribali) visitò queste regioni dal 1931 al 1945 e visse a lungo con numerosi gruppi etnici che le popolavano. Il suo “The Tribal Art of Middle India” (1951) è l’unico libro che si occupa in maniera specifica di arte, cultura materiale e patrimonio simbolico degli adivasi; i libri di Elwin hanno fatto conoscere la ricchezza di culture che gli stessi indiani considerano selvagge.

Alcune delle tribù di questa vasta area, come i Kond e i Bondo, vivono in piccoli villaggi isolati in capanne di fibre vegetali. Gli uomini portano intorno ai fianchi solo corte fasce di cotone; le donne invece portano al collo un’enorme quantità di collane di ottone e perline di vetro e agli avambracci decine di braccialetti di metallo. Queste tribù sopravvivono grazie ai prodotti di un’agricoltura elementare e al baratto e si offrono come manodopera ai proprietari terrieri. Altre tribù come i Muria, i Gond, i Baiga, i Santal e i Soara, influenzate dalla penetrazione indù, hanno costumi più complessi e rapporti più stabili con le comunità indù.

porta 1

Le pareti delle loro capanne ricoperte di fango sono decorate da semplici motivi floreali o zoomorfi. I loro villaggi hanno pilastri di legno con funzione totemica o commemorativa e spesse porte di legno che chiudono gli ingressi delle abitazioni più importanti.

Le porte di legno massiccio di questi villaggi, a uno o due battenti, sono composte da tavole tagliate a mano, spesse da tre a sei centimetri, tenute insieme da robusti listelli fissati all’esterno con grossi chiodi fatti a mano.

porta 6

I listelli verticali e orizzontali sono decorati con motivi a losanghe, a zig-zag o a spina di pesce e compongono dei riquadri dove sono intagliate le figure o i decori che ornano la porta.

porte 4, part.

Le porte ruotano su due perni sporgenti in alto e in basso oppure hanno due cerniere in ferro che si infilano sui cardini dello stipite. Quasi sempre hanno una spessa catena di ferro che viene agganciata a un anello sporgente dal muro in modo da poter inserire un lucchetto di sicurezza.

In alcuni casi i battenti sono fatti con un’unica, spessa, tavola di legno dove le formelle vengono scavate all’interno; è una tecnica che richiede un lavoro lungo e faticoso che però dà alla porta maggiore solidità oltre a una maggiore importanza.

porta 8

I riquadri sono normalmente intagliati con una singola figura con la tecnica del bassorilievo ma ci possono essere anche più figure, che suggeriscono una scena o una azione. Un animale con più teste rappresenta un gregge, tre pesci con un’unica testa diventano un banco di pesci, espediente che si osserva anche nella pittura indiana tradizionale. Quasi mai comunque i soggetti della stessa porta appaiono collegati in un’unica narrazione.

porta 2, part.

I soggetti raffigurati sono quelli della vita quotidiana: gli animali, il lavoro, la caccia, le donne che trasportano in testa vasi pieni di acqua, scene conviviali o rituali: immagini di una cultura che ha uno strettissimo rapporto con la natura.

porta 2, part.

porta 5, part.

Talvolta si manifesta l’influenza della religione indù e compaiono gli dei più popolari come Ganesh, il dio dalla testa di elefante (foto a sin.) e come Hanuman (foto a ds.), il re delle scimmie; sono divinità molto antiche, che la religione indù ha attinto da una mitologia di tipo animista legata al mondo naturale a cui da sempre appartengono anche gli adivasi. Spesso sono incise anche grandi rosette: simboli floreali o icone solari che appartengono all’arte universale.

porta 1, part.

Le figure hanno un significato simbolico: i pesci sono la fertilità, la tartaruga è la stabilità, la tigre è il coraggio, la rosetta è il sole che alimenta la vita; ma non tutti i simboli possono esser interpretati poiché possono appartenere alla storia di una determinata famiglia o tribù.

Alcuni motivi che decorano le porte si possono osservare anche nell’arte di altri gruppi etnici e di regioni molto lontane, ad esempio sulle case dell’ Himachal Pradesh o ricamati su tessuti di gruppi tribali del Gujarat e del Bengala. Si tratta di somiglianze stilistiche e tematiche (animali, cavalieri, fiori ecc.) che appartengono al ricchissimo patrimonio dell’“arte popolare indiana” prodotto da scambi millenari tra le differenti etnie, tradizioni, culture e religioni del subcontinente indiano.

Le immagini colpiscono per la semplicità e la stilizzazione quasi bidimensionale delle figure, ma questo aspetto naif è animato da forza e fantasia “primitive. Le armoniose grandi figure della porta n. 1 sembrano scene di un fumetto che racconta la caccia della scimmia con la corona (il dio Hanuman ?) per poi descrivere gli animali che popolano la giungla.

Nella porta n. 4 le cornici sono decorate con un intaglio accurato mentre le figure sembrano abbozzate e emergono dal fondo grazie al semplice profilo. Ma sono proprio queste forme piane e la coerenza dello stile che rendono la porta unica nel suo genere. Inoltre vi sono inseriti alcuni elementi insoliti, come i due elefanti montati dal mahout (conducente-addestratore) e dall’importante personaggio sulla portantina, dal cacciatore con l’arco sovrastato da tre enormi pesci e dalla ricchezza del bestiario sulle altre formelle. La presenza dell’elefante nella maggior parte delle porte tribali dell’India centrale deriva dall’importanza che questo animale ebbe quando le popolazioni boscimane (gli adivasi) da cacciatori-raccoglitori divennero agricoltori stanziali. Fu proprio grazie al lavoro degli elefanti che molte foreste furono abbattute e divennero terre coltivabili. Così l’elefante entrò nella leggenda, nel mito e, con la trasformazione della società e della religione, una divinità.

Ben diversa è la porta n. 2 che racconta con tratti felicissimi la vita della tribù. Le figure sono proporzionate e intagliate con realismo: le gonne di paglia delle donne, i costumi plissettati degli uomini, i gioielli, il successo della caccia, il festeggiamento conviviale (foto a ds.), le penne dei grandi uccelli e le squame dei pesci offrono un quadro vivo e raffinato, quasi idilliaco, della comunità.

porta 2, part.

Le diversità stilistiche (tra quelle pubblicate si possono osservare almeno tre stili differenti) scaturiscono dalle differenze culturali tra le varie etnie ma anche dal loro isolamento o, all’opposto, dalla vicinanza con una società sviluppata come quella indiana. Ad esempio, la differenza formale e la qualità estetica della porta n. 2 deriva quasi certamente dall’influenza dell’arte indiana classica.

Il confronto tra le n. 1, 4 e 6- e la n 2 (vedi foto in fondo all’articolo) evidenzia due mondi e due modi differenti di esprimersi: le prime denotano un efficace processo di sintesi mentre la seconda elabora una storia, come il passaggio dalla parola al lessico. Ulteriori elementi di differenza sono la mano di chi le scolpisce e la fantasia che infonde nei suoi lavori. Le porte erano prodotte da artigiani specializzati, ognuno con una specifica abilità, che passavano di villaggio in villaggio offrendo il proprio lavoro.

porta 7, part.

Le porte dell’etnia Kuttia-Kond dell’Orissa hanno figure molto stilizzate, incise più che scolpite (vedi foto a sin.). Le porte Baiga (Madhya Pradesh), le più numerose, presentano scene ugualmente semplici ma con un maggior rilievo dell’intaglio; sono opere dall’estetica elementare e naturalista, con linee essenziali di gradevole spontaneità (vedi foto a ds.).

porta 6, part.

Le porte provenienti dall’area di Bastar e dalle tribù Gond, Muria, Maria e Santal denotano un gusto più evoluto e raffinato; ogni riquadro (foto a ds.) può contenere anche due o tre soggetti come a voler rappresentare un racconto più articolato; la ricerca estetica è più evidente nella maggiore rotondità delle figure, ben proporzionate e curate nei minimi dettagli.

porta 2, part.

La provenienza geografica di queste porte si basa sugli esempi e le informazioni del già citato libro di Elwin. La datazione è incerta. Le porte pubblicate da Elwin furono fotografate negli anni ’30 e ’40 e mostrano evidenti segni di usura; alcune di quelle pubblicate qui sono sicuramente più antiche; altre sono più recenti, ma non posteriori agli anni ’50.

Giugno 2013

 

Dal 1983 quando scrissi la prima bozza di questo articolo per l”Archetipo”, la mitica rivista di Vittorio Carini sulle arti primitive, quasi tutto è cambiato per le minoranze etniche dell’India (nel 2011 erano l’8,3 % della popolazione) e della loro arte. Dopo l’indipendenza del Paese (1947) queste culture millenarie hanno dovuto confrontarsi con un processo di modernizzazione della società che ha modificato e spesso cancellato costumi e tradizioni. Infatti l’amministrazione inglese durante il Raj (così era chiamato il governo coloniale in India dal 1858 al 1947) fu spesso brutale con gli adivasi. Inoltre il recente sviluppo economico del Paese, accompagnato da uno sciovinismo indù talvolta violento, ha trasformato le culture dei popoli tribali e ridotto il loro numero, obbligandoli talvolta ad abbandonare le loro terre e a trasferirsi in aree inadatte al loro tipo di vita; alcuni gruppi si sono anche isolati nella foresta per difendere una identità a cui non hanno voluto rinunciare.La scomparsa di etnie e lingue, quasi sempre per cause violente, fa parte della storia dell’uomo, ma esserne consapevoli non ne allevia la pena. Dopo le ricerche di Verrier Elwin e la sua battaglia per proteggere la cultura tribale indiana secondo la filosofia gandhiana della difesa di ogni minoranza, il sipario si è chiuso per decenni su questi popoli negletti. Nonostante tutto alcuni antropologi e studiosi hanno operato per conservare queste tradizioni, tanto che in alcuni musei indiani è possibile trovare alcune sezioni dedicate alle popolazioni autoctone (che tuttavia la costituzione indiana non riconosce come tali). Anche l’arte etnica ha subito di conseguenza una trasformazione: costumi, tessuti, ricami, arredi e quant’altro appartenente all’arte materiale prodotta nel segno della tradizione sono diventati manufatti finalizzati al commercio, all’arredo e al mercato turistico divenendo un importante mezzo di sussistenza per le minoranze che la producono. L’economia ha cancellato o quantomeno modificato costumi secolari ma anche questo fa parte dei perenni cambiamenti della società umana. Già negli anni ’40 Elwin scriveva a proposito della cultura materiale degli adivasi che “I grandi giorni dei popoli tribali sono passati”. Anche per questa ragione le porte di questo articolo non hanno solo un valore estetico o culturale ma sono reperti di una tradizione ormai scomparsa, della quale sono prodotte solo copie artigianali ben diverse da quelle originali. Sono comunque esempi della straordinaria ricchezza della creatività di tutti i popoli indiani.

SCHEDE DELLE OPERE

1. TRIBU’ BAIGA (?)

India centrale, Madhya Pradesh

Porta ad anta singola con cardini, legno con patina scura

Cm 116 x 77

 

Dove corre il re-scimmia con la corona in testa (Hanuman?) mentre insegue la preda con l’arco teso e poi continua la corsa con la spada sguainata e la coda che sembra una liana, per arrestarsi infine di fianco a un albero? Le gazzelle (due, non una) brucano, l’elefante, il re della foresta, sale su una piattaforma d’onore mentre il curioso pavone infila il becco in un vaso. Mitologia e natura si fondono in scene di vitale semplicità.

2. Tribu’ Maria (?)

India centrale, Madhya Pradesh

Porta ad anta singola composta da tavole e listelli di legno inchiodati

Cm 150 x 82

 

Qui scorre la vita quotidiana del villaggio: due donne alzano i bicchieri per celebrare il successo dei cacciatori; altre tre tornano dalla fonte con i vasi colmi d’acqua; la tigre -con evidenti attributi maschili- balza sulla preda; uccelli dal lungo collo inghiottono il pesce come cormorani. Tutto è descritto con precisione pittorica: le gonne di paglia delle donne, i costumi plissettati degli uomini, le armi, i gioielli (gli orecchini da naso, le corone e i ricchi collari), le penne dei grandi uccelli, le squame dei pesci e l’immancabile rosetta che si apre con un fior di loto offrono un quadro realistico ma anche idilliaco, della comunità. C’è cruda realtà ma anche poesia. Sono particolari che evidenziano il passaggio da una rappresentazione spontanea ed essenziale della realtà di maggior parte delle porte tribali a un linguaggio estetico evoluto e raffinato come in questa.

3. TRIBU’ GOND

India centrale, Madhya Pradesh

Legno, borchie e cerniere di ferro battuto

Cm 157 x 81

 

Questa porta ad anta singola, composta da tavole legate con borchie rotonde e graffe di ferro, è diversa dalle altre. C’è un solo motivo umano: due uomini vestiti con un semplice perizoma, armati di bastoni e con un’acconciatura rasata che fa pensare a dei cacciatori. Uno di loro sembra portare un’offerta floreale: che si tratti di una visita rituale? Tutt’intorno è un caleidoscopio di geometrie differenti e molto accurate; solo le formelle inferiori presentano lo stesso motivo a rosetta.

4.  TRIBU’ BAIGA

India centrale, Chhattisghar, distretto di Bilaspur

Porta a due battenti di legno massello, catena di ferro battuto

Cm 176 x 87

 

Le cornici sono decorate con un intaglio accurato mentre le figure sembrano abbozzate e emergono dal fondo grazie al semplice profilo. Ma sono proprio queste forme piane e la coerenza dello stile che rendono la porta unica nel suo genere. Inoltre vi sono inseriti alcuni elementi insoliti, come i due elefanti montati dal mahout (conducente-addestratore) e dal personaggio sulla portantina, il cacciatore con l’arco sovrastato da tre enormi pesci e la ricchezza del bestiario che comprende anche un dromedario, uno scorpione e un pavone. Tutte le figure sono armate, comprese le tre in alto a destra e il cavaliere in basso a sinistra. L’accostamento armigeri-cacciatori-elefanti può significare che era la porta di un’abitazione importante, magari del capo del villaggio.

5.  TRIBU’ BAIGA

India centrale, Chhattisghar

Porta a due battenti, legno massello, cerniere e catena in ferro battuto

Cm 152 x 90

 

Dei, uomini, animali e vari motivi geometrici ricoprono la porta in ordine casuale, come se l’artigiano avesse assecondato la propria ispirazione creativa in preda ad una sorta di horror vacui. Ganesh -con la grande testa d’elefante su uno smilzo corpo umano- è affiancato da una divinità con quattro braccia in posizione yoga e il lungo collo avvolto da anelli come usano le donne della tribù Bondo di questa stessa area. Un pavone è appollaiato su un trespolo ai piedi di Ganesh come fosse fuori dalla scena e due pappagalli sono di fianco alla coppia abbracciata nel riquadro inferiore. In basso altre figure spiccano da uno sfondo interamente solcato da un fitto tratteggio. Tutte le immagini sono scolpite in profondità e acquistano un insolito volume, come in una vera scultura. L’incerta abilità alquanto naive dell’artista è compensata da una potenza irruente e quasi drammatica.

6.  TRIBU’ BAIGA

India centrale, Madhya Pradesh

Porta a due ante di legno massello, cerniere e catena di ferro

Cm 147 x 78

 

E’ la descrizione di una grande festa popolare con tre danzatori che si muovono all’unisono. Il pubblico guarda alcuni cowboys tribali mentre cavalcano in piedi, come al circo, cavalli non proprio mansueti. Su una formella troviamo gli animali sempre presenti nei villaggi. Per qualche misteriosa ragione la scena di una formella è intagliata in senso verticale con il risultato di enfatizzare involontariamente la sensazione di un evento palpitante e pieno di azione. Sulla cornice centrale si stendono le lunghe spire di un cobra: come una presenza scaramantica per impedire l’ingresso nella capanna di un vero serpente!

7.   TRIBU’ KUTTIA-KOND (?)

India centrale, Orissa

Porta a battente unico composto da cinque tavole, borchie e graffe di ferro

Cm 147 x 80

 

Una elaborata triplice cornice di minuscoli zig-zag racchiude quattro elefanti poi un felino e una capra e isolato sulla sinistra un cane. In basso le curiose figure di due donne e di una scimmia sono intente in una danza rituale. La scimmia si allunga in uno slancio di assoluta eleganza come se fosse in procinto di spiccare un irresistibile salto. La scena è impregnata di selvaggio, quasi estatico, dinamismo che ricorda un graffito preistorico.

8.  TRIBU’ SCONOSCIUTA

India centrale

Porta a battente unico, borchie e cerniere di ferro battuto

Cm 157 x 81

 

La porta più ricca della collezione è divisa in ben 15 riquadri, tutti con soggetti diversi. Vi si trovano riuniti tutti gli animali che popolano la foresta: daini e gazzelle, oche e pavoni, elefanti e cavalli e persino una tigre. Due uomini al centro hanno l’aria di contemplare tutta questa naturale abbondanza. I motivi floreali delle cornici e soprattutto le rondelle fissate ad ogni angolo sono molto simili a quelle delle porte urbane dell’India settentrionale. E’ possibile che ci si trovi di fronte ad una contaminazione che mescola elementi decorativi dell’architettura moderna con una tradizionale estetica tribale.

Crediti:

foto 1: Ragazza Bondo da Bondo Highlander, V. Elwin, Oxford University Press, 1950

foto 2: da L’Inde Inexplorée, V. De Golish, Ed. Arthaud, 1953

Fotografie: Pietro Notarianni

Renzo Freschi
info@renzofreschi.com
1 Commento
  • Roberta Ceolin
    Pubblicato alle 16:16h, 26 Giugno Rispondi

    Ciao Renzo, ben tornato!
    Ho trovato questo tuo articolo molto interessante, attendo di leggere i prossimi…
    Un caro saluto
    Roberta Ceolin

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